29 luglio 2008

Note di un viaggio interrotto


Sono qui, a casa. E guardo i miei piedi. Fasciati, doloranti, appoggiati al pavimento con difficoltà. Non smetto di guardarli. Ripenso agli errori fatti. Le scarpe comprate un mese e mezzo fa erano troppo pesanti, troppo nuove, troppo poco usate, tant'è che dopo i primi mille metri già m'era spuntata la prima vescica, tant'è che al secondo giorno ero stato costretto a indossare i sandali. La prime tappe, in particolare la terza da Blera al lago di Vico dove a un certo punto ci siamo persi senza mai arrivare, si sono rivelate eccessivamente dure. Lo zaino era troppo pesante, caricato delle attrezzature da campeggio che ormai avevamo pensato di abbandonare. La scomodità del riposo notturno in tenda era un'aggravante evitabile dopo una giornata di marcia. Troppo tardi ormai. Avevamo già deciso col mio socio Simone, mentre al tramonto di un sabato infinito, scrutati dagli sguardi ovviamente bovini delle mucche di Ronciglione, camminavamo verso chissà quale meta, di modificare il percorso, alleggerire il bagaglio, dire addio alla tenda, trovare pernottamente più confortevoli. Ma le più abnormi vesciche mai viste dai nostri occhi umani mi hanno stroncato troppo presto. Purulente: e non lo si dice per fare effetto sui lettori, ma perché stava scritto proprio così sul bollettino medico. La più grande, quella che per prima ha sviluppato un'infezione, stava sotto la pianta del piede sinistro. Un'altra, per par condicio, sotto la pianta del piede destro. E altre ancora disseminate su qualche dito. Ma la più impressionante rimane la cosiddetta "vescica Compeed" sopra il dito mignolo del piede destro. Una vescica bucata con l'ago come le altre e sulla quale la prima sera - non l'avessi mai fatto - avevo deciso di applicare uno di quei cerotti assorbenti per la cura delle vesciche, il Compeed appunto. Il giorno dopo un'altra possente vescica si era riformata sotto il cerotto, dando al dito l'aspetto spaventevole di una grossa escrescenza bianca. La mattina di domenica, prima di andare all'ospedale, Simone ha provveduto alla rimozione del degenerato Compeed per ridare al mio mignolo un aspetto maciullato ma più normale, evitando che i medici impartissero ordini di amputazioni alla vista di quello spettacolo. E pensare che era solo una lunga camminata, e mica volevamo l'eroica prova di resistenza fisica. Ahi, ahi, ahi. Con un piede infestato così non avevo altra scelta che arrendermi.

Sono di nuovo a casa, la mia marcia è durata appena tre giorni e mezzo, continuo a guardarmi i piedi, trangugio pasticcone di penicillina, all'ospedale dove vado a farmi medicare mi dicono "ah, lei sarebbe quello della Tirreno - Adriatico?", e mi sembra che sia passato molto più tempo dal giorno in cui eravamo partiti. Le andature lente della camminata provocano tempi più larghi per il cuore e infautazioni veloci. Marciare sotto il sole, avanzare spalla a spalla lungo strade bianche di campagna o provinciale asfaltate, dividere la poca acqua nelle borracce, o in un caso di emergenza perfino una residura bottiglia di lambrusco, un paio di barrette energetiche e qualche pomodorino, aiuta a creare un particolare senso di vicinanza, senza la scorza del cinismo, più indifesi e disponibili alla realtà imprevista. Per questo sento di ringraziare Alberto che ci ha accompagnato per i primi tre giorni, Enrica, Fabiana e Paolo che hanno camminato con noi nel giorno della debacle, Elisa che a un certo punto è apparsa come un angelo a indicare che si, c'eravamo proprio persi ma se volevamo poteva caricarsi in auto i nostri megazaini.

Insomma, claudicante e dolorante, mi sono immolato alla causa appiedata. Sono arrivati tanti messaggi sul blog, tante email, tante telefonate e sms di incoraggiamento, per incitarci a non mollare. La nostra impresa ha attirato molte curiosità e attenzioni. Io e Simone ringraziamo tutti. Un po' di spinte nei momenti di maggiore fatica ce le avete date anche tutti voi a distanza virtuale. Certo, non ha molto senso incitare me che riesco a malapena a poggiare i miei piedi per terra. Vale la pena incitare Simone, che ha deciso di continuare, via verso l'Adriatico e nuove avventure, su un percorso leggermente modificato. Ce la dovrà fare. Io spero di raggiungerlo prima dell'arrivo, se questi miei piedi maltrattati decideranno di riprendersi. Per ora sto qui a galleggiare nel mio onorato fallimento. Ho deciso: farò il marciatore - ombra. Come direbbe un personaggio di una commedia di Beckett: "Non ci si bagna mai due volte nello stesso pus".