21 luglio 2008
I libri del camminatore
Qualche settimana fa, appena deciso con Simone che saremmo partiti, abbiamo ordinato una scatola piena di libri dedicati ai viaggi a piedi. Ovviamente avevamo già i preziosi tomi dei nostri due numi tutelari. Uno è "A piedi" di Claudio Sabelli Fioretti con Giorgio Lauro (Chiarelettere) con il racconto del loro viaggio a piedi da Lavarone in Trentino a Cura di Vetralla nel Lazio, nel quale a un certo punto, nei pressi dell'ultima tappa, compaio pure io, scendendo da un taxi. E' un bel diario di viaggio, un po' scanzonato, pieno di consigli utili. L'altro è "Nessuno lo saprà" di Enrico Brizzi (Mondadori) dove lo scrittore bolognese racconta del suo viaggio a piedi col fratello e altri amici dall'Argentario al Conero, a piedi e con la tenda. Ne avevo sentito parlare ma non lo avevo ancora letto. Sa troppo di sudore e calvario sofferente, e lui ripete un sacco di volte la parola "kapish?" ma alla fine si fa appassionante. Poi ci siamo rivolti ai classici. Imperdibile è "Il mondo a piedi - Elogio della marcia" di David Le Breton (Feltrinelli). Tutto quello che potete desiderare, tra citazioni filosofiche e dissertazioni letterarie, per dare un'anima nobile al vostro proposito di mettervi in cammino. Un compendio utile per camminare nei campi sotto l'aura di Stevenson e Rimbaud oppure per passeggiare in città benedetti da Benjamin. A quel punto non potevamo non immergerci nella lettura di "Camminare" di Henry David Thoreau (editore SE), testo breve ma fondamentale per ogni anelito al movimento nella sua essenza di desiderio liberatorio dall'ansia e dal malessere del mondo. Certo, il buon pioniere americano Thoreau camminava senza meta, senza zaino e senza cellulare ma è pur sempre una voce che ti rimane dentro. Volendo buttarla un po' sul situazionista ho preso anche il saggio di Francesco Careri "Walkscapes - Camminare come pratica estetica" (Einaudi), il quale fa anche parte del gruppo Stalker, un gruppo di studenti di architettura che compie ricerche sugli spazi urbani. Walkscapes la mette sul dada, sul situazionismo, sul lettrismo, sul minimalismo, sulla land art, e poi racconta la storia della città di Zonzo, che è la città del perdersi e del vagare in cerca dell'altrove. Gente che si preoccupa più di camminare che di lasciare tracce. Noi non abbiamo tutte 'ste ambizioni ovviamente. Ho cominciato a leggere, e me lo porterò in marcia, la "Filosofia del camminare" di Duccio Demetrio, sottotitolo "Esercizi di meditazione mediterranea" (Cortina editore). Consigliato anche dal nostro nume Sabelli nella sua marcia di un anno fa. La filosofia, dice Demetrio, è nata in cammino con Socrate e Platone ma anche noi volendo possiamo permetterci qualche piccolo esercizio. Che poi questo Demetrio, mi raccontò una volta Sabelli, è un erudito professore che in realtà cammina pochissimo nella sua vita, prende pure l'ascensore. Mi porto in viaggio anche il librone "La leggenda dei monti naviganti" di Paolo Rumiz (Feltrinelli), giornalista autore di memorabili viaggi estivi a puntate sul quotidiano La Repubblica. Ammiratissimo da me, un po' meno dal mio socio Simone. Lui pedala, si arrampica, si mette alla guida di una Topolino del '53 sui tornanti appenninici, alla ricerca dei "piccoli e grandi eroi della resistenza dei territori". Tra la meraviglia per la bellezza del paesaggio umano e naturale e la rabbia per il potere che lo ignora. E nello zaino infilo all'ultimo momento, se c'entra, anche "Le vie dei canti" di Bruce Chatwin (Adelphi) coi suoi aborigeni e i suoi peregrinaggi nomadi. Non l'ho ancora mai letto, e forse è il momento giusto. Come dice il professor Demetrio, "il pensiero camminante sfoglia le pagine di un libro sostando anche a lungo sulle righe, senza alcuna fretta di andare a vedere come va a finire la storia". Chissà come andrà a finire, infatti.
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